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Alcune Nozioni di Aereodinamica

 

            L'aerodinamica non è che una applicazione delle leggi fondamentali della meccanica newtoniana ai fluidi. Le leggi della meccanica sono le seguenti: legge della proporzionalità della forza e della accelerazione (F = m*a, ove F è una forza esterna, m è la massa, a è l'accelerazione), detta anche legge della conservazione della quantità di moto (perché secondo questa legge in assenza di forze la quantità di moto, definita come m*v, ove v è la velocità, deve conservarsi); e legge dell'azione e della reazione (a ogni azione corrisponde una reazione di pari intensità e verso opposto). L'applicazione più immediata di queste leggi riguarda corpi solidi che vengono per semplicità ridotti a "punti materiali". L'applicazione ai corpi rigidi tridimensionali rende le formule meno semplici, e quella a corpi non rigidi - come i corpi solidi elastici oppure i fluidi - rende il tutto ancora più complesso: infatti applicazioni di questo genere richiedono innanzitutto uno schema che permetta di rappresentare un oggetto che non è più un "punto", bensì un insieme continuo, in cui si vuole determinare, se possibile, lo stato di ogni singolo punto del campo; in secondo luogo, ogni sostanza ha il suo comportamento specifico: un fluido si comporta in maniera diversa da un solido, e diversi fluidi si comportano in maniere differenti tra loro.

Per quanto riguarda il primo punto, si è posta l'"ipotesi del continuo", vale a dire si è supposto che un campo fluidodinamico possa esser descritto da funzioni continue e differenziabili: in parole povere, questo significa che man mano che ci si avvicina a un dato punto, le proprietà del fluido devono assumere un valore sempre più vicino a quello assunto nel punto in questione; inoltre, significa che si può applicare alle variabili che descrivono il campo fluidodinamico il calcolo infinitesimale: ed è in effetti in termini di derivate parziali che le equazioni fondamentali della meccanica vengono formulate quando sono applicate a un fluido, con la suddetta "ipotesi del continuo". Quanto al secondo punto, il comportamento del fluido viene descritto dalla teoria delle "relazioni costitutive": si pone cioè una particolare relazione tra forze e spostamenti, in modo tale da avere appunto una rappresentazione abbastanza fedele del comportamento del fluido (va da sé che queste "relazioni costitutive" saranno del tutto diverse nel caso dei fluidi e nel caso dei solidi). Senza poter entrare nel dettaglio di questa teoria, diremo solo brevemente che il coefficiente di viscosità (da non confondere con la densità) deriva proprio da essa.

Possiamo tralasciare la forma completa e generale dell'equazione che esprime la legge della conservazione della quantità di moto per i fluidi (equazione di Navier-Stockes), che richiederebbe spiegazioni troppo lunghe e non ha una utilità immediata per i nostri presenti obiettivi. Lasceremo perdere pure altre equazioni differenziali che si utilizzano assieme ad essa, come quella che esprime la conservazione della massa (che impone che non vi sia perdita o generazione di materia dal nulla) o quella che esprime la conservazione dell'energia (utile soprattutto nel caso in cui avvengono reazioni chimiche, ad esempio nella camera di combustione di un motore). Quello che ci interessa attualmente è la spiegazione e la descrizione delle forze che un fluido esercita su un solido che si muove in esso.

A questo scopo, dobbiamo in primo luogo scomporre la forza complessiva che il fluido esercita sul mobile (applicata precisamente al suo baricentro) in PORTANZA e RESISTENZA. La resistenza (indicata in genere con D, dall'inglese Drag) è la componente in direzione della corrente, la portanza (indicata con L, dall'inglese Lift) è perpendicolare alla corrente; se consideriamo ad esempio un aereo che vola orizzontale, prendendolo come sistema di riferimento, la corrente che lo investe (cioè il vento apparente) sarà diretta orizzontalmente in senso contrario alla direzione di volo, e tale sarà anche la direzione in cui agisce la resistenza dell'aria, mentre la portanza sarà diretta verticalmente verso l'alto (quindi in senso opposto al peso) permettendo all'aereo di mantenersi in volo. Si veda per questo la FIGURA 1.

La resistenza è la forza che il fluido oppone all'avanzamento del mobile. Essa è dovuta a diversi fattori: 1) resistenza d'attrito, tanto più intensa quanto più il fluido è viscoso; 2) resistenza di forma, così denominata perché il variare della forma del mobile o della sua posizione rispetto al fluido influisce sul campo fluidodinamico e dunque sulla resistenza: per fare subito un esempio, si comprenderà senza difficoltà che se si prende una lastra piana e la si spinge in acqua ponendola in posizione perpendicolare rispetto alla direzione del movimento si incontrerà una resistenza assai più elevata che non ponendola parallelamente a questa direzione; ciò è dovuto al fatto che le differenti configurazioni determinano, mantenendo le stesse caratteristiche materiali del fluido e del solido, una diversa differenza di pressione tra la zona a monte e a valle del solido in moto (in particolare a valle si genera una depressione molto più forte nel primo caso che nel secondo). Vi sono altre cause che fanno nascere una resistenza fluidodinamica: quando parleremo delle ali affronteremo in modo più dettagliato la questione. Quanto alla portanza, la sua genesi è meno facile da spiegare di quella della resistenza.

Per affrontare in generale un problema di fluidodinamica, si deve in primo luogo cercare di valutare l'entità dei diversi termini che compaiono nelle equazioni cui abbiamo accennato sopra (equazioni che possono semplificarsi notevolmente). In molti casi è possibile considerare il fluido come se fosse incompressibile, quando le variazioni della sua densità sono trascurabili: questo avviene quando un aereo viaggia a velocità inferiore a 1/3 della velocità del suono (Mach<0.3 circa); in tal caso le equazioni si semplificano in modo rilevante. Si dovrà poi valutare se il fenomeno è (approssimativamente) stazionario, cioè se le caratteristiche del flusso (pressione eccetera) rimangono pressoché costanti nel tempo: questa ipotesi si può fare in molti problemi aerodinamici.

E ancora, si dovrà valutare se le forze viscose siano trascurabili rispetto alle forze di massa: a questo proposito è importante la valutazione del numero di Reynolds, definito come Re=r*l*U/m, ove l è una lunghezza caratteristica del fenomeno studiato (ad esempio la lunghezza di un profilo alare), U la velocità del flusso, r la densità del fluido (massa / volume), m la viscosità dinamica. Riguardo a queste ultime due grandezze, sarà utile sapere che per l'aria m=10-5 Kg/m*sec all'incirca, e r = 1 Kg / m3. Invece, per l'acqua m=10-3 Kg/m*sec all'incirca, e r = 1000 Kg / m3. Per Re < 103 si ha regime laminare, caratterizzato da un flusso che, in vicinanza della parete dell'oggetto solido, presenta una velocità sempre pressoché parallela alla parete stessa, velocità che diminuisce regolarmente man mano che ci si avvicina ad essa (al limite con velocità nulla in corrispondenza della parete): questo è dovuto alla viscosità. Per Re > 3000 circa, il flusso diviene invece turbolento, cioè irregolare, perché gli effetti della viscosità si fanno trascurabili. Prendendo un aeromodello lungo 1 m, che vola a 1 m/sec (quindi molto piano), risulta Re=105, quindi siamo in pieno regime turbolento; a maggior ragione, prendendo aerei veri e propri, e velocità di volo più elevate, si hanno dimensioni l e velocità U assai maggiori, dunque Re maggiore. In definitiva, l'unica condizione che ci interessa in questa sede è il regime turbolento: il che è vero anche per quanto riguarda il moto delle navi in acqua (basti calcolare il numero di Reynolds con i parametri dell'acqua considerando le dimensioni caratteristiche e le velocità tipiche di un natante, o anche di un modellino); il regime laminare interviene quando ci sono fluidi molto viscosi, ad esempio olio, o velocità molto più basse.

Altri parametri di importanza essenziale sono i coefficienti di portanza CL e il coefficiente di resistenza CD, definiti come CL = L / ( ½ r S U2 ) e CD = D / ( ½ r S U2 ), ove S è la superficie del solido a contatto col fluido e le altre grandezze sono quelle già definite. Tutti questi parametri (inclusi il numero di Reynolds e quello di Mach) sono "non dimensionali", ossia sono dei numeri puri, non hanno dimensioni fisiche (come ad esempio metri, secondi, Kg); la loro utilità sta nel fatto che essi ci permettono di stabilire certe proprietà aerodinamiche di un modello avente determinate caratteristiche fisiche (tra cui, come vedremo nel Cap. II, bisogna includere non solo la forma del modello - ad esempio un'ala - ma anche l'angolo d'incidenza rispetto alla corrente), a prescindere dalla dimensioni del modello e dalle velocità in gioco: per avere le proprietà aerodinamiche "dimensionali" di un modello su scala reale (di cui quindi si consoce ad esempio la grandezza in metri, la massa in Kg, la velocità in metri al secondo, e si vuole conoscere portanza e resistenza nelle unità di misura delle forze, cioè in Newton), esse potranno essere ricavate immediatamente dalle formule sopra riportate, che definiscono i coefficienti stessi: ad esempio, se è noto il CL, la portanza potrà essere ricavata da L = CL ½ r S U2 .

Dobbiamo ora dire qualcosa di più sulla portanza. Ma prima è necessario formulare due leggi fondamentali per tutta la fluidodinamica, ossia la legge della "conservazione della portata" e la "legge di Bernoulli".

La prima deriva dalla già accennata legge della conservazione della massa. La portata volumetrica è definita come la massa che fluisce attraverso una certa sezione nell'unità di tempo; la massa può esser definita come densità per volume (r*V), e il volume di un fluido che occupa un certo tratto di un condotto può esser definito come prodotto della sezione per la lunghezza del tratto considerato (A*dx, ove A è l'area della sezione e dx la lunghezza); ora se consideriamo una qualsiasi sezione del condotto, la sua portata, definita come massa / tempo, potrà essere espressa come r*A*dx/dt, ove dt è l'intervallo di tempo, indefinitamente piccolo, che il fluido impiega, in corrispondenza di quella sezione, per percorrere il tratto indefinitamente piccolo dx; in altri termini, dx/dt non è che la velocità del fluido nella sezione considerata, per cui la portata può essere espressa finalmente come Q = r*A*U (ove U è la velocità). È immediato concludere che, se non vi è generazione o distruzione di massa, la portata nel condotto deve essere costante. Se poi il fluido è (approssimativamente) incompressibile, allora anche la densità r sarà costante, per cui dovrà esserlo pure la portata volumetrica V*A (affinché la portata Q = r*A*U sia costante): ossia prese due sezioni A1, A2, in cui il flusso assume rispettivamente le velocità U1, U2, deve essere A1*U1=A2*U2. Una conseguenza immediata e dalle molte applicazioni sta nella comprensione del cosiddetto "effetto venturi": in un condotto percorso da un fluido incompressibile, dove si ha un aumento di sezione deve esservi un calo di velocità, e viceversa, secondo la legge U2 = (A1/A2)*U1.

L'altra conseguenza che dobbiamo trarre dalle leggi fondamentali della fluidodinamica è, come detto, la legge di Bernoulli, la quale può essere ricavata in particolare dalla conservazione della quantità di moto, nell'ipotesi di fluido ideale (attrito trascurabile) e incompressibile; essa è espressa dalla formula ½ r U2 + r g h + p = COSTANTE (ove p è la pressione del fluido, e h l'altezza del condotto da un punto prefissato, ad esempio da terra), il che equivale a dire che in due qualsiasi sezioni di un condotto percorso da un fluido che rispetta le ipotesi poste, la somma delle grandezze enunciate deve essere sempre la stessa. Le grandezze in questione rappresentano tre diverse parti dell'energia meccanica totale del fluido (energia cinetica ½ r U2, energia potenziale dovuta al peso r g h, energia esplicata dalla pressione p) per unità di volume. Questa legge è di fondamentale importanza in campo idraulico; ma se ne possono trarre utili deduzioni anche nel dominio di ricerca che qui ci interessa, cosa che faremo subito. Se si prende un condotto orizzontale, o anche un flusso che investe un corpo (come quelli che dobbiamo esaminare), la quota h è costante (o quasi costante) e quindi si deve considerare solo energia cinetica e velocità, la cui somma deve essere costante; cioè la legge di Bernoulli diventa: ½ r U2 + p = COSTANTE. In queste condizioni, se il condotto presenta una restrizione (il che nel caso di un flusso libero si traduce in un ravvicinamento delle linee di flusso), deve esservi un incremento della velocità, come visto a proposito della conservazione della portata, e a questo incremento della velocità deve corrispondere un calo della pressione, per la legge di Bernoulli.

Queste considerazioni sono utili per descrivere il fenomeno della portanza. Se prendiamo un flusso che investe un profilo alare, come quello rappresentato in FIGURA 2, si potrà notare che le linee di flusso devono divergere in prossimità del ventre dell'ala, mentre devono convergere in prossimità del suo dorso: questo deriva dal fatto che, se ci si allontana abbastanza dal profilo alare, in un senso come nell'altro, è logico supporre che il flusso non debba risentire più della presenza di quest'ultimo, cosicché le linee di flusso si dovranno mantenere rettilinee come lo sono a monte e a valle del profilo, mentre in prossimità di esso dovranno disporsi secondo quel che impone la geometria del profilo, come si vede nella figura. Dobbiamo aggiungere che anche la collocazione dei due punti in cui il profilo incontra una linea di corrente, che sono detti punti di ristagno (anteriore e posteriore), è essenziale per la nascita della portanza: se in effetti il punto di ristagno posteriore non si trovasse più esattamente sul bordo d'uscita del profilo, come in figura (e come empiricamente assodato), la forma delle linee di flusso potrebbe essere differente da quella appena descritta; non terremo tuttavia conto di questa ipotesi, la quale, sebbene non sia incompatibile con le leggi che governano un flusso ideale, è nel nostro caso irrilevante (infatti essa può assumere di fatto un importanza reale solo nel caso di flussi in cui la viscosità sia ridotta praticamente a zero, come può succedere a temperature prossime allo zero assoluto).

Stando a quanto appena stabilito, non sarà difficile comprendere in che modo si genera la portanza: sul ventre del profilo le linee di flusso sono più diradate di quanto non lo siano sul dorso, vale a dire che la velocità è più bassa, dunque la pressione è più alta, e questa differenza di pressione genera una forza dal basso verso l'alto, la portanza appunto. Quanto alla resistenza, essa non è contemplata nello studio di un flusso ideale: per la sua determinazione occorre considerare la viscosità di un fluido.

Per non omettere nulla di essenziale, dal punto di vista strettamente teorico, occorre sottolineare che le equazioni che governano un flusso ideale non ammettono come unica soluzione quella appena esposta, ma sono matematicamente possibili configurazioni differenti delle linee di flusso: in FIGURA 3 ne mostriamo un semplice esempio. Anzi questo esempio rappresenta la soluzione del flusso ideale intorno al profilo investito da una corrente uniforme, qualora non si considerasse nient'altro che questa corrente uniforme: in simili condizioni, la simmetria delle linee di flusso sul ventre e sul dorso del profilo fa sì che non vi sia quella differenza di pressione che deve generare la portanza. Inoltre, nell'esempio appena considerato, noi abbiamo preso in esame il caso di un profilo curvo (a incidenza nulla), ma di fatto il fenomeno della portanza nasce pure per profili dritti posti con un certo angolo di incidenza rispetto alla corrente (FIGURA 4): anche in questo caso le soluzioni matematiche suggeriscono l'assenza della portanza. Sembra dunque che le condizioni di idealità (viscosità nulla) non conducano alla nascita della portanza (così come non conducono nemmeno a quella della resistenza); se si vuole descrivere matematicamente il fenomeno occorre dunque che si aggiunga in qualche modo qualcos'altro: e questo qualcos'altro è, come vedremo subito, un vortice introno al profilo.

In effetti, si è dimostrato che se al campo fluidodinamico che si genera nei pressi di un profilo (o più in generale nei pressi di qualsiasi corpo solido) investito da una corrente uniforme si aggiunge un vortice (non necessariamente di forma circolare) rotante intorno al profilo, le linee di flusso subiscono una modificazione tale per cui nasce quella differenza di pressione tra ventre e dorso dell'ala tale da determinare la portanza: è questo il risultato del teorema di Kutta-Joukovsky, di fondamentale importanza in aerodinamica. Per comprendere questo risultato, si devono esaminare i cambiamenti che il vortice determina sulle linee di flusso: come si vede in FIGURA 5, il vortice, se orientato in modo opportuno (cioè in senso orario nel caso la corrente venga da sinistra e viceversa, in senso antiorario se la corrente viene da destra) determina proprio quello che occorre per generare una portanza: velocità più basse sul ventre del profilo alare (a causa del contrasto tra la velocità indotta dal vortice a quella della corrente uniforme) e velocità più alte sul dorso (dato che qui le due velocità sono concordi e quindi si sommano), dunque pressione più alta sul ventre e più bassa sul dorso.

Possiamo illustrare il significato di questo teorema, a prima vista probabilmente assai strano, ricorrendo a un semplicissimo esempio. Nel gioco del calcio, quando si colpisce il pallone "ad effetto", questo ruota in un certo senso, e assume proprio a causa di questa rotazione una traiettoria curvilinea: ad esempio, calciando d'interno sinistro, il pallone, visto dall'alto, ruoterà in senso orario, e devierà verso destra. Come si spiega questo fenomeno? Se si considera che la rotazione del pallone trascinerà in questo movimento rotatorio, per attrito, l'aria con cui la sua superficie è immediatamente a contatto (situazione che può essere appunto descritta come la generazione di un vortice intorno al pallone calciato), avrà origine un campo fluidodinamico del tutto simile a quello appena descritto, con velocità più basse a sinistra e più alte a destra, dunque pressioni più alte a sinistra e più basse a destra, e conseguentemente con una forza che spinge il pallone verso destra. Si osservi al riguardo la FIGURA 6.

Quantificando, la portanza potrà essere espressa come L = - r U G, ove G è la circolazione del vortice, definita come l'integrale, lungo una linea chiusa che circonda il profilo, della velocità per l'elemento di linea infinitesimale. Di fatto, non si conosce "a priori" l'intensità del vortice che occorre sommare al campo fluidodinamico, cosicché si procede nella seguente maniera: si impone che il punto di ristagno posteriore si ritrovi in corrispondenza del bordo d'uscita del profilo (condizione di Kutta), come si constata empiricamente e come avevamo già accennato. Affinché questa condizione sia soddisfatta, occorre in effetti che il vortice abbia una intensità ben precisa, e quando si impone tale intensità si trova, mediante il teorema di Kutta-Joukovsky, un valore della portanza (L = - r U G) abbastanza conforme ai dati sperimentali. Si veda la FIGURA 7.

Questo è il modo in cui viene descritta e anche quantificata la portanza; della resistenza abbiamo già detto; per avere dei dati più precisi e dettagliati, anche dal punto di vista numerico (che ha la sua importanza nel campo applicativo) occorre una indagine più particolareggiata, e proprio a questo scopo dedicheremo il prossimo capitolo alle ali.